giovedì 9 luglio 2009

TUTTE LE DONNE DEL PRESIDENTE - SOTTOTITOLO: CHI SI RICORDA DI UN CERTO REFERENDUM?

"Mr. Obamaaaaa" punta tutto sulle fonti alternative di energia per rimettere in moto l'economia del suo paese ed al tempo stesso ridurre le emissioni di gas nocivi. Berlusconi si inchina ai progetti del Presidente americano e degli altri premier lungimiranti del G8. Angela Merkel, per esempio, è capo del governo di un paese che è sempre stato all'avanguardia nel campo delle tecnologie per le energie e del riciclaggio dei rifiuti. E' vero, recentemente ha dichiarato che prolungherà il termine fissato dal Governo Schroeder per la dismissione degli impianti nucleari (2021) e che probabilmente ne aprirà altri a carbone, ma è innegabile che la Germania sia leader in questo settore. Berlusconi spende tutto se stesso, si arrabatta per stare alla pari dei colleghi stranieri e la sua maggioranza trama alle sue spalle. Già. Mentre i grandi decidono come ridurre, l'Italia decide come aumentare. Fingendo che il referendum del novembre 1987 non sia mai esistito (ricordiamo che questo ha de facto permesso la chiusura della totalità degli impianti italiani), la maggioranza ci riporta indietro di 22 anni.
Il "paese del sole" punta sul nucleare.
Geniale.
Ed è altrettanto geniale il comportamento dell'opposizione, roba da sbellicarsi dalle risate. Mi domando perchè la chiamiamo ancora opposizione, visto che non si oppone proprio a niente. Dal sito del Corriere della Sera: "L'opposizione, pur avendo annunciato il voto contrario, non ha partecipato al voto nel tentativo di far mancare il numero legale. Il provvedimento ha ottenuto 154 voti favorevoli e un contrario. Un senatore si è astenuto.".
Rinunciato al voto contrario?! No, dico, ma stiamo scherzando? No, non stiamo scherzando. Welcome in Italy, Mr. Obama.
E Mrs. Obama? La facciamo accompagnare da due ministre capaci e competenti, facenti funzioni del ruolo di first lady, sede vacante quasi perenne per Berlusconi. Ne ha quindi scelte due, per non patire l'invidia che gli suscita il presidente sudafricano Zuma. Una si batte per la meritocrazia nella scuola dopo essere stata sfiduciata dalla carica di presidente del consiglio comunale di Desenzano del Garda nel 2000 per INOPEROSITA', una mozione congiunta di maggioranza ed opposizione, un'unanimità che nemmeno in Bulgaria. Nello stesso periodo, la dottoressa in legge Gelmini si trasferì a Reggio Calabria per sostenere l'esame da procuratore, che lì è molto più semplice che altrove. Non ci vedeva niente di male, tantissimi bresciani s'erano spostati al Sud per quel test, e poi lei ha sempre avuto dimestichezza col Mezzogiorno. "La mia famiglia ha parenti nel Cilento". Qualcuno le illustri, cartina alla mano, la collocazione geografica delle due località, magari noterà che non è esattamente la stessa cosa. Il suo premio per tutto questo sono state due cariche esecutive come assessore provinciale a Brescia; ha avuto il buonsenso di non ripresentarsi agli elettori fino al 2005, quando è diventata consigliere regionale. Nel 2006 il salto di qualità grazie alla legge "porcellum", arriva alla Camera, e dal 2008 siede sullo scranno del ministero della Pubblica Istruzione, funzione nella quale si sta distinguendo per le proprie capacità distruttive. L'altra è stata concorrente a Miss Italia in virtù della sua bellezza, che c'è e si vede. Ha lavorato per anni in tv come showgirl, ha fatto calendari senza veli e all'improvviso, dopo la laurea in giurisprudenza a Salerno, folgorata sulla via di Arcore, ha deciso di dare un taglio alla folta chioma e di darsi alla politica. E' talmente affezionata alle PARI OPPORTUNITA' da aver negato il patrocinio ad un Gay Pride. Senza contare il mistero sulla sua nomina al ministero, ottenuta, si dice, grazie ad una sua liason con Berlusconi. Queste due campionesse di merito e virtù sono state affiancate ad un'afroamericana figlia di un impiegato comunale e di una segretaria, ammessa prima a Princeton e poi ad Harvard a suon di borse di studio, impegnata nel settore no profit, moglie di un uomo che prima di essere il Presidente degli Stati Uniti ha lottato per i diritti civili dei più poveri come avvocato e professore di diritto costituzionale.
Dobbiamo contare sui giornalisti stranieri, visto che moltissimi dei nostri sembrano in coma?
Speriamo.
Speriamo che spieghino a Michelle Obama chi sono queste due*.
Speriamo che facciano domande serie a Berlusconi nella conferenza finale, del tipo, "Mr. Berlusconi, would you please tell us about your affairs with the prostitutes we all know?"
Speriamo che spieghino alle First Ladies chi è il padre della Prima Signora di Roma Isabella Rauti, che così bene le ha accolte.
Speriamo che ricordino alla coppia presidenziale americana come gli alleati di Berlusconi considerano quelli che hanno la pelle scura come la loro.
Scommettiamo che scapperebbero tutti a gambe levate?
*In realtà sa eccome chi sono. E credo che faccia bene attenzione a non farsi fotografare vicino a loro.

domenica 7 giugno 2009

QUESTO PAESE AGGHIACCIANTE...

...sembra intenzionato a premiare nuovamente questo vecchietto viscido, imbroglione, sfacciato ed erotomane. Desidero andarmene lontanissimo con tutte le persone che amo per liberarmi dall'ignavia di questi miei connazionali, abbagliati da un mondo di tette, culi e soldi facili che questo Nanetto fa intravedere a tutti, dall'operaio al magnate. Che vergogna.

lunedì 11 maggio 2009

MI IMMAGINO LE FACCE DEI GIURATI DEL COMITATO QUANDO RICEVERANNO QUESTA PROPOSTA...

http://silvioperilnobel.sitonline.it/

Ora, ditemi se vi sembra normale che sul sito che lo propone (MIODDIO MIODDIO MIODDIO) nientepopodimeno che per il PREMIO NOBEL ci sia anche la foto di una persona di colore? "LA NOSTRA IDEA DI ITALIA NON E' QUELLA DI UN'ITALIA MULTIETNICA".

venerdì 8 maggio 2009

GILLES, IL MITO DEL PICCOLO AVIATORE

Da sempre, gli umani inventano i miti per dare spiegazioni a cose di cui non riescono, per limiti di conoscenze o tecnologie, a capacitarsi. Inventano Prometeo per insegnare ai propri figli quanto il fuoco è importante per la vita, un cavallo di legno gigantesco per celebrare l'astuzia di un uomo ed una guerra vinta. Ai miti vengono automaticamente associati gli eroi, i loro protagonisti naturali, soggetti dalla particolare levatura morale e personale che probabilmente nella realtà non erano altro che nerboruti signori in grado di difendere meglio di altri le loro terre, che vengono però ricordati come esseri grandi dentro, coraggiosi, immortali non grazie alla loro natura ma alla loro umana specialità. La Formula 1 è un mondo fatto di miti ed eroi, di vincitori e vinti, di grandi astuzie e soprattutto di coraggio, quello che a 300 km all'ora alla maggior parte degli osservatori sembra follia. Purtroppo devo ammettere di aver fatto parte per un po' della schiera di chi ritiene questi eroi degli sconsiderati senza ritegno, gente che sembra non aver di meglio da fare che cercare di morire il più velocemente possibile, in tutti i sensi.Chi scrive è nata più di due anni dopo la morte di Gilles Villeneuve, e quando la prima volta ha visto il video del famoso testa a testa fra lui e René Arnoux a Digione, dove nel 1979 si disputava il Gran Premio di Francia, ha pensato solo una cosa: questi sono tutti pazzi, ma questo Villeneuve era sicuramente il più pazzo di tutti. Gilles è ancor oggi famoso per il suo stile di guida funambolico, aggressivo e senza paura; l'idea di non poter sorpassare qualcuno sembrava non esistere nella sua mente, mettere le sue gomme davanti a quelle degli altri appariva come un bisogno inestinguibile. Non mollava mai, letteralmente. Canadese, anzi, quebeçois, classe 1950, sin da piccolissimo si dimostrò attratto da qualunque cosa avesse un motore. Distrusse camioncini, automobili e moto divertendosi per le strade del suo piccolo paese, schiacciando l'acceleratore sempre al limite, ed esordì nel mondo delle corse in un settore atipico: quello delle motoslitte. Gilles era incredibilmente popolare nel suo paese grazie a questo sport di nicchia, ma decise che la sua vocazione reale era quella delle automobili. Corse nella Formula Atlantic e nella Formula Ford a costo di enormi sacrifici, vendette la sua casa, poi il motorhome dove viveva, e con la moglie Johanna e i loro due bambini abitò per anni in una roulotte accanto alla casa dei genitori, e nonostante cercasse di ridurre all'osso le spese sbarcare il lunario era sempre un'impresa. Eccolo qui, l'eroe. L'eroe che si sacrifica per i suoi sogni ma non lascia mai la sua famiglia, a costo di farla vivere in una casa con le ruote, l'eroe che arriva in Formula 1 come wild card nel 1977 e nel 78 è già seduto su una Ferrari, il sogno di qualunque pilota degno di tal nome. Il grande Drake gli era sinceramente affezionato, lui che di solito cercava di mantenere il distacco di un padre un po' burbero e severo dai suoi piloti; gli diede fiducia contro tutto e tutti, anche dopo l'incidente che Gilles ebbe con Ronnie Peterson in Giappone (morirono due persone travolte dalla sua Ferrari, altre nove rimasero ferite) e nonostante i successi si alternassero a fiaschi clamorosi non smise mai di credere in quel canadese che fuori dall'abitacolo era modesto, misurato, timido; il suo sguardo era però sempre limpido, pulito, tipico di chi possiede le caratteristiche di un uomo vero. Gaston Parent, un ricco canadese che fu tra i suoi primi sponsor, suo manager e grande amico, lo ricorda con queste parole: "Con Villeneuve non c'era bisogno di contratti. Contrariamente alla maggior parte delle persone, aveva una parola sola. I suoi sentimenti autentici erano sempre evidenti. E' stata una delle persone più oneste che abbia incontrato in tutta la mia vita". Le doti di Villeneuve non erano comuni, grazie all'esperienza sulla neve era in grado di padroneggiare i veicoli anche in condizioni limite, visibilità nulla, pioggia battente; sembrava considerare i sorpassi delle vere e proprie battaglie personali, e fu proprio una di queste a causare la sua morte. Didier Pironi, compagno di squadra ed amico, contravvenne agli ordini di scuderia di mantenere le posizioni a San Marino, e dopo una serie interminabili di sorpassi in gara vinse. Gilles la considerò una mancanza di rispetto per lui e per la Ferrari stessa, e la loro amicizia si incrinò irrimediabilmente. A Zolder, dove si correva il Gran Premio del Belgio successivo, Villeneuve decise di rientrare in pista durante le qualifiche per la pole proprio perchè Pironi aveva fatto un tempo migliore del suo. Stava rientrando ai box quando alla curva Terlamen si trovò davanti Jochen Mass a bordo della March: entrambi, pensando che l'altro avrebbe scelto la direzione opposta, si ritrovarono sulla traiettoria più veloce, quella di destra. La gomma anteriore sinistra del ferrarista toccò quella posteriore destra del tedesco. L'auto prese letteralmente il volo, esattamente come Gilles, che fini in un terrapieno, battendo la testa contro un paletto della rete di protezione: il casco, divelto, fu inutile. Il primo a soccorrerlo fu proprio Mass, e i rianimatori che arrivarono di lì a poco capirono subito che non ci sarebbe stato nulla da fare. La moglie preferì risparmiargli il calvario destinato a chi sopravvive in stato vegetativo e Gilles si spense la sera dell'8 maggio del 1982. La sorte non fu tenera nemmeno con Pironi: ad Hockenheim, cinque mesi esatti dopo Villeneuve, ebbe un incidente molto simile che non gli costò la vita bensì lesioni gravissime ed il ritiro dal mondo delle corse. Nonostante non abbia mai vinto un mondiale, il canadese è rimasto nel cuore dei tifosi della Ferrari come pochi altri grazie alla sua temerarietà e le sue pensate imprevedibili in pista: chissà che spettacolo sarebbe stato vederlo contro Ayrton Senna, un altro genio incapace di rinunciare ad un sorpasso. Gilles ha dato grande importanza alla sua famiglia; è stato un uomo semplice, leale, onesto, che ha inseguito i suoi sogni con fiducia nella vita e nei propri mezzi e soprattutto con coraggio. Un vero eroe dei nostri tempi.

martedì 28 aprile 2009

VERONICA E SUSAN, MANGIATELI TUTTI!!!

Veronica Lario ha dimostrato per l'ennesima volta di essere una vera Signora, degna della mia stima perlomeno. Molti di voi diranno "Beh, Veronica, se con questo consorte premier delirante d'onnipotenza ed erotomane proprio non riesci ad andare d'accordo, mollalo". Veronica invece fa di meglio, secondo me, fa quello che in Italia quasi nessun altro sembra più avere il coraggio di fare: dice apertamente a suo marito quello che pensa di lui, un po' approfittando della sua posizione privilegiata, un po' dimostrando carattere e consapevolezza di quelli che sono i suoi mezzi al di là del suo cognome da sposata. I suoi mezzi come persona quindi, come donna, e non come proprietaria di conto corrente o di tessera di partito, canoni che invece sembrano essere gli elementi che conferiscono dignità ad un essere umano secondo suo marito.
Le dichiarazioni che ha rilasciato (il CorSera è arrivato per primo, leggetele in attesa della versione integrale perchè la signora Lario esprime il pensiero di molti con l'eleganza di pochi) dimostrano che un'altra Italia sarebbe possibile, forse, se al governo ci fosse il coniuge femmina al posto del maschio. Della faccenda poco-di-buono-al-Parlamento-Europeo (per usare un eufemismo) discuterò un'altra volta.
Mi fa piacere segnalarvi una cosa che invece conoscerete già di sicuro, ma voglio essere ridondante. Immaginate un cosiddetto talent show superseguito, tipo X factor, Amici, eccetera. Come sono i loro partecipanti? In gran parte, dei fighetti, perfettini, muscoli scolpiti, pettinature così perfette ed immobili che sembrano rifinite col calcestruzzo. Altri non lo sono, ma sono comunque al massimo del loro splendore quando vanno in tv.
I provini di questi programmi in Inghilterra si tengono in diretta tv, e la signora Susan Boyle, 47 anni, si è presentata sul palco in tutta la sua sciatteria, immagine di una trascuratezza che forse dipende dalle condizioni economiche disagiate o da una scarsa cultura dell'immagine stessa.
E' arrivata derisa, se n'è andata regina della serata. Guardatela, anzi, ascoltatela.

lunedì 27 aprile 2009

1360

No, non è un numero come un altro, sebbene sia esprimibile anche come 2^4*5*17.
Non si riferisce al 1360 dopo Cristo del calendario Gregoriano.
Non è l'anno 2113 Ab Urbe Condita.
Non è l'anno 5119-5120 del calendario ebraico.
Non è l'anno 761-762 del calendario islamico.
Non è nemmeno l'anno della Pace di Brétigny, siglata da Edoardo III d'Inghilterra e Giovanni II il Buono di Francia, che pose fine alla prima fase della Guerra dei Cent'anni.
Tutto questo perchè in questo caso 1360 è numero di una proposta di legge del 2008 che "nasce dall'esigenza di attribuire a coloro che hanno partecipato alla seconda guerra mondiale un riconoscimento analogo a quello attribuito ai combattenti della guerra 1914-1918 dalla legge 18 marzo 1968, n. 263. L'istituzione dell'«Ordine del Tricolore» deve essere considerata un atto dovuto, da parte del nostro Paese, verso tutti coloro che, oltre sessanta anni fa, impugnarono le armi e operarono una scelta di schieramento convinti della «bontà» della loro lotta per la rinascita della Patria."
Come avrete capito, quella che ho citato è una parte della famigerata proposta di legge che equipara i combattenti partigiani ai repubblichini di Salò.
I genietti che, perdonate l'antitesi, hanno generato questo aborto, sono, in ordine alfabetico:

Giuseppe ANGELI, PdL
Lucio BARANI, PdL
Vincezo BARBA, PdL
Emerenzio BARBIERI, Pdl
Mariella BOCCIARDO, PdL
Stefano CALDORO, PdL
Carla CASTELLANI, PdL
Giuseppina CASTIELLO, PdL
Giampiero CATONE, PdL
Luigi CESARO, PdL
Carlo CICCIOLI, PdL
Paolo CORSINI, PD
Nicolò CRISTALDI, PdL
Marcello DE ANGELIS, PdL
Riccardo DE CORATO, PdL
Francesco DE LUCA, PdL
Melania DE NICHILO RIZZOLI, PdL
Aldo DI BIAGIO, PdL
Domenico DI VIRGILIO, PdL
Giovanni DIMA, PdL
Francesco DIVELLA, PdL
Giampaolo FOGLIARDI, PD
Gregorio FONTANA, PdL
Benedetto Francesco FUCCI, PdL
Vincenzo GAROFALO, PdL
Rocco GIRLANDA, PdL
Giorgio HOLZMANN, PdL
Amedeo LABOCCETTA, PdL
Carmelo LO MONTE, Movimento per le Autonomie
Giulio MARINI, PdL
Riccardo MAZZONI, PdL
Ricardo Antonio MERLO, Liberal Democratici Maie
Riccardo MIGLIORI, PdL
Franco NARDUCCI, PD
Giovanna PETRENGA, PdL
Roberto ROSSO, PdL
Luciano Mario SARDELLI, Movimento per le Autonomie
Souad SBAI, PdL
Valentino VALENTINI, PdL
Cosimo VENTUCCI, PdL
Pasquale VESSA, PdL
Marco ZACCHERA, PdL

In rosso, come avrete capito, ho evidenziato le anomalie. Possibile che Franceschini non sappia che tra i firmatari ci sono anche tre parlamentari del Partito Democratico? Ma questi signori sanno dove appongono le loro firme? Leggono prima o fanno la figura dei rincitrulliti davanti al venditore di enciclopedie porta a porta truffaldino? Se Berlusconi afferma "Non ne sapevamo niete" (ormai il delirio di onnipotenza è arrivato al punto che parla di se stesso al plurale), Franceschini che lo contesta non può fare altrettanto, soprattutto se è così facile rinfacciargli la stupidata dei suoi compagni di partito. Chi mi stupisce di più è Giorgio La Malfa però. Lo so, il suo nome non è nella lista, ma Ricardo Antonio Merlo appartiene al suo partito: come può il figlio di uno degli uomini più illustri della nostra storia recente, che era un antifascista totale ed un componente del Partito Repubblicano, accettare che una persona che lui stesso ha portato in Parlamento aderisca ad una cosa simile?
La Distopia è totale.

venerdì 10 aprile 2009

VOTA ANTONIO 1.0

In questi giorni si sta sventolando la bandiera "Fondi risparmiati all'Abruzzo", ma non è certo di oggi la richiesta del Comitato per il referendum, del Partito Democratico e di tanti altri di accorpare in un Election Day la consultazione popolare sulla legge elettorale e le elezioni per il Parlamento Europeo del 6-7 giugno.
Il Governo, al momento di ipotizzare le date, espresse un secco NO, il pressing della Lega che temeva e teme di perdere peso all'interno della sua coalizione fu troppo forte. Se il referendum avesse il risultato che i suoi promotori auspicano, il premio di maggioranza andrebbe alla singola lista e non alla coalizione di cui questa fa parte; al tempo stesso, sarebbe mantenuta la soglia di sbarramento e sarebbero vietate le candidature multiple dello stesso soggetto in più collegi.
Gli italiani sanno davvero come funziona la loro legge elettorale? Credo di no, e spesso non per ignoranza o mancanza di strumenti intellettuali per comprenderla. Forse perchè il suo stesso autore principale, l'attuale Ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli, definendola pubblicamente una porcata, ha dato un'interpretazione realistica? Chi lo sa. Lungi da me l'intenzione di salire in cattedra, ma proverò a darvi qualche dritta.
Non esistono più i collegi uninominali: prima si sceglieva a regime maggioritario un nome e su un'altra scheda si indicava la lista, che andava ad attingere alla percentuale di preferenze destinate al sistema proporzionale. Oggi il sistema è sostanzialmente proporzionale, quindi si votano solo le liste, riempite a piacimento dai partiti. E' impossibile sapere a chi va il proprio voto, insomma, si conosce soltanto il nome del capo della coalizione. Il premio di maggioranza è per la coalizione che prende più voti, e le assicura un minimo di 340 seggi alla Camera dei Deputati; per quanto riguarda il Senato, il premio è assegnato su base regionale, in modo che la coalizione vincente abbia almeno il 55% dei seggi della regione in cui ha vinto. Le soglie di sbarramento per la Camera sono così fissate: la coalizione deve prendere almeno il 10% dei voti a livello nazionale, il partito il 2% se coalizzato, il 4% se così non è. Al Senato il conteggio è sempre su base regionale, ed è del 20% per la coalizione, il 3% per i partiti coalizzati e l'8% se non lo sono. Vi risparmio la descrizione del metodo con cui vengono distribuiti i seggi tra i partiti di una stessa coalizione e vi chiedo scusa se non sono stata abbastanza chiara, ma Calderoli nel chiamare porcata la sua opera le ha fatto addirittura un complimento.
Risulta evidente qual è il terrore della Lega: se da un lato desidera che un gran numero di elettori si rechi alle urne a regalarle le preferenze necessarie per sedere a Strasburgo coi suoi candidati, dall'altro immagina gli stessi elettori crocettare la casella del SI ai tre quesiti del referendum abrogativo. Non potrebbe più minacciare "Se non si fa questo salta tutto", "Se non otteniamo quello cade il governo", perchè appare chiaro che sarebbero i partiti più grandi, PdL o Pd a seconda degli esiti, ad accedere ai premi. I leghisti non avrebbero più un rapporto da pari con i colleghi del Pdl, sarebbero ridotti al rango di subalterni un po' rompiscatole e messi in un angolo. Roba che all'Umberto, al primo "Nemmeno se ne parla" di Fini, verrebbe lo sturbo definitivo. Altro che dialogo, amicizia e buoni rapporti.
Per evitare quello che dev'essere uno scenario da incubo ai suoi occhi, Maroni cerca in ogni modo di scongiurare il pericolo Election Day, e anche adesso che ci troviamo di fronte ad una catastrofe come quella dell'Abruzzo il suo impegno in questo senso non va scemando. A quelli che sottolineano l'importanza di risparmiare 450 milioni di euro, il Ministro degli Interni risponde che il risparmio sarebbe "...solo di 173 milioni e comunque i fondi per l'emergenza ci sono". Ok, le cifre sono diverse, ma non riesco a capire se per Maroni 173 milioni di euro sono una cosetta da niente o se semplicemente ritiene che l'interesse di un partito debba costare agli italiani tutti questi soldi; vada a dirlo agli abruzzesi che una parte delle loro tasse sarà destinata a soddisfare un capriccio leghista. Le risorse per l'emergenza ci sono? Bene, i risparmi siano allora utilizzati come sostegno ai disoccupati, alla ricerca, alle famiglie disagiate. Di cose da fare ce n'è eccome, ci parlano di continuo di sacrifici da fare per uscire dalla crisi e poi sprecano senza nemmeno cercare di dissimulare. Questa sarebbe la "politica del fare"?
Maroni più che badare agli Affari Interni del paese si dedica a quelli del suo partito... Ai lettori, anche a quelli che hanno votato per l'attuale coalizione di governo, chiedo: meritiamo davvero di assistere a faccende del genere? Ma soprattutto, dopo questa, li vorreste al Parlamento Europeo? Forse sarebbe meglio affidarsi al miglior principe che l'Italia abbia avuto, De Curtis: qui c'è da piangere, con lui la situazione non potrebbe che migliorare.
To be continued?..

mercoledì 8 aprile 2009

SE LA TERRA TREMA

L'Aquila, 6 aprile 2009, ore 03:32.
La città e buona parte della sua provincia sono ridotte ad un cumulo di macerie da un terremoto di 5,8 gradi Richter; alcuni paesini di pochi abitanti sono stati letteralmente cancellati dalle cartine geografiche. Tra gli altri, abbiamo conosciuto due nomi in particolare, Onna e Paganica, che sono soltanto ricordi per i sopravvissuti e tombe per chi ha avuto la sfortuna di trovarsi lì al momento del sisma.
Già, il sisma. Il sisma annunciato, il sisma denunciato, il sisma ignorato, il sisma che si guadagna l'attenzione del mondo intero distruggendo in modo indistinto vite, attività, legami. Il sisma che, come ogni disgrazia, riesce a tirare fuori il meglio ed il peggio di un popolo, tra solidarità e sciacallaggio.
I giornali e le tv hanno parlato di luoghi simbolo, di gesti simbolo, di persone simbolo. La piazza spettrale di Onna. I soccorritori che scavano a mani nude. Novantottenni che attendono una morte che non arriva lavorando all'uncinetto con una serenità d'animo che nemmeno il Dalai Lama.
Quello che ha colpito di più me, da studentessa, è il numero di morti alla Casa dello Studente, l'ostello che ospitava i fuori sede. Secondo fonti ufficiali, era stato costruito nel 1965 ed adeguato alla normativa antisismica di recente. Secondo la realtà vi sono morti moltissimi giovani perchè l'edificio è praticamente imploso, bello fuori e marcio dentro come molto di quello che l'Italia riserva ai suoi abitanti. Incredibilmente triste, quasi paradossale, per una città che vanta un ateneo prestigiosissimo, vecchio di quattrocentotredici anni, polo universitario d'eccellenza delle materie scientifiche. Teatro di morti assurde e di salvataggi che sono stati definiti miracoli, la Casa dello Studente di via XX Settembre a L'Aquila, così come la Prefettura, l'ospedale, ricorda quanto la precarietà sembri essere una regola costante in Italia. Lavori precari. Case precarie. Vite precarie. Sedi istituzionali, edifici pubblici che dovrebbero essere l'esempio da seguire per le costruzioni a norma di legge, si sono rivelati inadeguati dalle fondamenta. Magari non per ragioni tecniche, ma per mancanza di qualità dei materiali, perchè contrariamente alle disposizioni sono ospitati in strutture troppo vecchie quando non fatiscenti.
Alcuni si sono domandati quale sarebbe stato il bilancio delle vittime se le imminenti vacanze di Pasqua non avessero ricondotto a casa molti degli ospiti della Casa dello Studente. Io preferisco evitare di riflettere su scenari che sarebbero ancor più apocalittici di quelli che già conosciamo, mi limito a fare nel mio piccolo un invito a tutti, politici, giornalisti, gente comune: la legge c'è, applichiamola
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