venerdì 8 maggio 2009

GILLES, IL MITO DEL PICCOLO AVIATORE

Da sempre, gli umani inventano i miti per dare spiegazioni a cose di cui non riescono, per limiti di conoscenze o tecnologie, a capacitarsi. Inventano Prometeo per insegnare ai propri figli quanto il fuoco è importante per la vita, un cavallo di legno gigantesco per celebrare l'astuzia di un uomo ed una guerra vinta. Ai miti vengono automaticamente associati gli eroi, i loro protagonisti naturali, soggetti dalla particolare levatura morale e personale che probabilmente nella realtà non erano altro che nerboruti signori in grado di difendere meglio di altri le loro terre, che vengono però ricordati come esseri grandi dentro, coraggiosi, immortali non grazie alla loro natura ma alla loro umana specialità. La Formula 1 è un mondo fatto di miti ed eroi, di vincitori e vinti, di grandi astuzie e soprattutto di coraggio, quello che a 300 km all'ora alla maggior parte degli osservatori sembra follia. Purtroppo devo ammettere di aver fatto parte per un po' della schiera di chi ritiene questi eroi degli sconsiderati senza ritegno, gente che sembra non aver di meglio da fare che cercare di morire il più velocemente possibile, in tutti i sensi.Chi scrive è nata più di due anni dopo la morte di Gilles Villeneuve, e quando la prima volta ha visto il video del famoso testa a testa fra lui e René Arnoux a Digione, dove nel 1979 si disputava il Gran Premio di Francia, ha pensato solo una cosa: questi sono tutti pazzi, ma questo Villeneuve era sicuramente il più pazzo di tutti. Gilles è ancor oggi famoso per il suo stile di guida funambolico, aggressivo e senza paura; l'idea di non poter sorpassare qualcuno sembrava non esistere nella sua mente, mettere le sue gomme davanti a quelle degli altri appariva come un bisogno inestinguibile. Non mollava mai, letteralmente. Canadese, anzi, quebeçois, classe 1950, sin da piccolissimo si dimostrò attratto da qualunque cosa avesse un motore. Distrusse camioncini, automobili e moto divertendosi per le strade del suo piccolo paese, schiacciando l'acceleratore sempre al limite, ed esordì nel mondo delle corse in un settore atipico: quello delle motoslitte. Gilles era incredibilmente popolare nel suo paese grazie a questo sport di nicchia, ma decise che la sua vocazione reale era quella delle automobili. Corse nella Formula Atlantic e nella Formula Ford a costo di enormi sacrifici, vendette la sua casa, poi il motorhome dove viveva, e con la moglie Johanna e i loro due bambini abitò per anni in una roulotte accanto alla casa dei genitori, e nonostante cercasse di ridurre all'osso le spese sbarcare il lunario era sempre un'impresa. Eccolo qui, l'eroe. L'eroe che si sacrifica per i suoi sogni ma non lascia mai la sua famiglia, a costo di farla vivere in una casa con le ruote, l'eroe che arriva in Formula 1 come wild card nel 1977 e nel 78 è già seduto su una Ferrari, il sogno di qualunque pilota degno di tal nome. Il grande Drake gli era sinceramente affezionato, lui che di solito cercava di mantenere il distacco di un padre un po' burbero e severo dai suoi piloti; gli diede fiducia contro tutto e tutti, anche dopo l'incidente che Gilles ebbe con Ronnie Peterson in Giappone (morirono due persone travolte dalla sua Ferrari, altre nove rimasero ferite) e nonostante i successi si alternassero a fiaschi clamorosi non smise mai di credere in quel canadese che fuori dall'abitacolo era modesto, misurato, timido; il suo sguardo era però sempre limpido, pulito, tipico di chi possiede le caratteristiche di un uomo vero. Gaston Parent, un ricco canadese che fu tra i suoi primi sponsor, suo manager e grande amico, lo ricorda con queste parole: "Con Villeneuve non c'era bisogno di contratti. Contrariamente alla maggior parte delle persone, aveva una parola sola. I suoi sentimenti autentici erano sempre evidenti. E' stata una delle persone più oneste che abbia incontrato in tutta la mia vita". Le doti di Villeneuve non erano comuni, grazie all'esperienza sulla neve era in grado di padroneggiare i veicoli anche in condizioni limite, visibilità nulla, pioggia battente; sembrava considerare i sorpassi delle vere e proprie battaglie personali, e fu proprio una di queste a causare la sua morte. Didier Pironi, compagno di squadra ed amico, contravvenne agli ordini di scuderia di mantenere le posizioni a San Marino, e dopo una serie interminabili di sorpassi in gara vinse. Gilles la considerò una mancanza di rispetto per lui e per la Ferrari stessa, e la loro amicizia si incrinò irrimediabilmente. A Zolder, dove si correva il Gran Premio del Belgio successivo, Villeneuve decise di rientrare in pista durante le qualifiche per la pole proprio perchè Pironi aveva fatto un tempo migliore del suo. Stava rientrando ai box quando alla curva Terlamen si trovò davanti Jochen Mass a bordo della March: entrambi, pensando che l'altro avrebbe scelto la direzione opposta, si ritrovarono sulla traiettoria più veloce, quella di destra. La gomma anteriore sinistra del ferrarista toccò quella posteriore destra del tedesco. L'auto prese letteralmente il volo, esattamente come Gilles, che fini in un terrapieno, battendo la testa contro un paletto della rete di protezione: il casco, divelto, fu inutile. Il primo a soccorrerlo fu proprio Mass, e i rianimatori che arrivarono di lì a poco capirono subito che non ci sarebbe stato nulla da fare. La moglie preferì risparmiargli il calvario destinato a chi sopravvive in stato vegetativo e Gilles si spense la sera dell'8 maggio del 1982. La sorte non fu tenera nemmeno con Pironi: ad Hockenheim, cinque mesi esatti dopo Villeneuve, ebbe un incidente molto simile che non gli costò la vita bensì lesioni gravissime ed il ritiro dal mondo delle corse. Nonostante non abbia mai vinto un mondiale, il canadese è rimasto nel cuore dei tifosi della Ferrari come pochi altri grazie alla sua temerarietà e le sue pensate imprevedibili in pista: chissà che spettacolo sarebbe stato vederlo contro Ayrton Senna, un altro genio incapace di rinunciare ad un sorpasso. Gilles ha dato grande importanza alla sua famiglia; è stato un uomo semplice, leale, onesto, che ha inseguito i suoi sogni con fiducia nella vita e nei propri mezzi e soprattutto con coraggio. Un vero eroe dei nostri tempi.

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