L'Aquila, 6 aprile 2009, ore 03:32.
La città e buona parte della sua provincia sono ridotte ad un cumulo di macerie da un terremoto di 5,8 gradi Richter; alcuni paesini di pochi abitanti sono stati letteralmente cancellati dalle cartine geografiche. Tra gli altri, abbiamo conosciuto due nomi in particolare, Onna e Paganica, che sono soltanto ricordi per i sopravvissuti e tombe per chi ha avuto la sfortuna di trovarsi lì al momento del sisma.
Già, il sisma. Il sisma annunciato, il sisma denunciato, il sisma ignorato, il sisma che si guadagna l'attenzione del mondo intero distruggendo in modo indistinto vite, attività, legami. Il sisma che, come ogni disgrazia, riesce a tirare fuori il meglio ed il peggio di un popolo, tra solidarità e sciacallaggio.
I giornali e le tv hanno parlato di luoghi simbolo, di gesti simbolo, di persone simbolo. La piazza spettrale di Onna. I soccorritori che scavano a mani nude. Novantottenni che attendono una morte che non arriva lavorando all'uncinetto con una serenità d'animo che nemmeno il Dalai Lama.
Quello che ha colpito di più me, da studentessa, è il numero di morti alla Casa dello Studente, l'ostello che ospitava i fuori sede. Secondo fonti ufficiali, era stato costruito nel 1965 ed adeguato alla normativa antisismica di recente. Secondo la realtà vi sono morti moltissimi giovani perchè l'edificio è praticamente imploso, bello fuori e marcio dentro come molto di quello che l'Italia riserva ai suoi abitanti. Incredibilmente triste, quasi paradossale, per una città che vanta un ateneo prestigiosissimo, vecchio di quattrocentotredici anni, polo universitario d'eccellenza delle materie scientifiche. Teatro di morti assurde e di salvataggi che sono stati definiti miracoli, la Casa dello Studente di via XX Settembre a L'Aquila, così come la Prefettura, l'ospedale, ricorda quanto la precarietà sembri essere una regola costante in Italia. Lavori precari. Case precarie. Vite precarie. Sedi istituzionali, edifici pubblici che dovrebbero essere l'esempio da seguire per le costruzioni a norma di legge, si sono rivelati inadeguati dalle fondamenta. Magari non per ragioni tecniche, ma per mancanza di qualità dei materiali, perchè contrariamente alle disposizioni sono ospitati in strutture troppo vecchie quando non fatiscenti.
Alcuni si sono domandati quale sarebbe stato il bilancio delle vittime se le imminenti vacanze di Pasqua non avessero ricondotto a casa molti degli ospiti della Casa dello Studente. Io preferisco evitare di riflettere su scenari che sarebbero ancor più apocalittici di quelli che già conosciamo, mi limito a fare nel mio piccolo un invito a tutti, politici, giornalisti, gente comune: la legge c'è, applichiamola.
Ciao ciao lucidità!
12 anni fa
Bellissimo, articolo: case precarie, vite precarie, come hai detto tu; in Cina, i responsabili del crollo di una scuola poco tempo fa, ricorderai, furono puniti assai severamente. In Italia, chi denuncia il sisma imminente viene tacciato di fare la Cassandra e messo da parte. E intanto si vive alla giornata, lasciando tutto com'e' per paura di affrontare il dolore di strapparsi da un passato cosi' familiare, basato appunto sulle famiglie, sui favori, sul nepotismo, sui lavoretti in nero, sulle bustarelle, e insomma su su fino ad appalti, alla mafiosita', allo sperpero delle risorse della terra e dell'ambiente, insomma del demanio, come anche del denaro pubblico.
RispondiEliminaComplimenti, Francesca.
Francesco Sani
splendido articolo. I miei complimenti.
RispondiEliminaCiao Francesca,
RispondiEliminami piace come scrivi, è per questo che ti auguro di realizzare il tuo sogno: l'Italia ha bisogno di giornalisti che raccontano il vero, in modo obiettivo e senza lasciare trasparire il proprio orientamento politico.
I-M-P-A-R-Z-I-A-L-I-T-A': è questo che ho trovato nel tuo articolo, è questa la regola primaria di chi "racconta il mondo fuori".
In bocca al lupo, Frà!!!
Saluti da Utopia.
RispondiEliminaCiao Francesca,
qui ad Utopia va tutto bene, come sempre.
Anche da noi c'è stato un terremoto ma le case non sono crollate, come avveniva in passato: perché ad Utopia impariamo dai nostri errori.
Infatti sbagliavamo quando facevamo leggi giuste e leggine per aggirarle, quando davanti all'ennesima calamità ci fregavamo le mani al pensiero dell'enorme lucro derivante dalla ricostruzione, quando associavamo le morti alla "fatalità" e i sopravvissuti al "miracolo".
Qui ad Utopia se un territorio è ad alto rischio di terremoti le case sono costruite TUTTE con criteri antisismici, non il 25% come succede da te. E i certificati rilasciati dai costruttori sono autentici e i materiali utilizzati non sono scadenti. Perché qui crediamo alla sacralità della vita, anche se siamo laici.
Sono sinceramente rammaricato per quello che è accaduto da te e per quello che, inevitabilmente, accadrà. Per molte di quelle povere famiglie è già pronto un prefabbricato che, definitivamente, diventerà la loro residenza provvisoria. Si cercheranno i fondi necessari per la ricostruzione, che non saranno mai sufficienti: la gente si scaglierà contro gare televisive e concorsi dai premi sfacciatamente milionari ma non si sentirà minimamente offesa se chi amministra il denaro pubblico stanzia MILIARDI per la creazione di infrastrutture di dubbia utilità e, talvolta, di dubbia realizzazione. E quei milioni che arriveranno per la ricostruzione passeranno di mano in mano, di appalto in subappalto, tramutandosi in case meno sicure di quelle crollate. E per entrarci dentro i terremotati, dimentichi dei loro diritti, si sentiranno in dovere di bussare alle sedi di partito e alle sacrestie, ai sindacati e ai patronati, per mendicare o, perché no, pagare per un posto privilegiato nelle graduatorie d'assegnazione.
Qui ad Utopia nessuno oggi scava a mani nude tra le macerie, nessun nonno piange il nipotino: perché da noi abbiamo imparato dai nostri errori, facciamo quello che è giusto e non ciò che conviene ed anteponiamo la vita umana all'interesse dell'impresa.
D'altronde qui è Utopia.
Con affetto e sincero rammarico.
Stefano Bellini
PS.
Ad Utopia i giornalisti scrivono sempre la Verità, anche se è scomoda. La verità da qualche parte, purtoppo, alberga: l'imparzialità è roba da Distopia.
Non bisogna stupirsi, è la regola del 10%. Il 10% di tangente sulle somme del fatturato futuro di un appalto. Il 10% di lavoratori disoccupati, soglia che gli imprenditori ritengono necessaria per la competitività. Il 10% di cittadini italiani che potrebbero morire nelle loro case per difetti di progettazione degli edifici, indipendentemente da terremoti. Il 10% di chi non crede più nelle bufale televisive come quelle propinateci dal caratterista piagnucolone coi baffetti che prima afferma di essere un cittadino aquilano, poi di Onna e poi di Paganica, lamentandosi prima di aver perso un figlio, poi un amico e poi un conoscente, sempre però chiedendo che gli italiani siano, anche in tempo di crisi, prodighi. Una azione di sciacallaggio in piena regola. Non vorrei che anche un centesimo delle donazioni andasse a finire nelle tasche di quel signore e dei suoi compari.
RispondiEliminaCiao, bell'articolo :)
RispondiEliminaC'è un errorino nella seconda riga, dopo i duepunti, lcuni invece di alcuni. Poi, se mi posso permettere, il rosa come colore del testo non è molto leggibile, stanca la vista...
Non mollare!
Ciao, non scrivi male ma di strada devi farne ancora tanta. Alcune metafore sono un po' forzate, molte frase mancano di musicalità e dai piccoli errori si vede che non usi un correttore ortografico. Mai letto Sciascia, Calvino? Mi permetto di aggiungere che, al di là dei gusti, scrivere bianco su sfondo nero un testo di lunghezza molto superiore a quello che dovrebbe essere un post di un blog non è una scelta ideale per il lettore. Se pensi di scrivere sempre testi lunghi forse potresti pensare a cambiare il mezzo di comunicazione.
RispondiEliminaAggiungo: era il caso di pubblicizzare un blog con un solo post? E tramite un gruppo facebook che parla di tutt'altro? A mio modo di vedere è stata un'ingenuità.
Spero che la mia critica sia costruttiva.
Caro Anonimo (quello dell'ultimo commento in ordine cronologico), grazie per la tua attenzione intanto. Ho riletto il post un sacco di volte ma non trovo gli errori di ortografia, ho corretto quell'alcuni a cui mancava una "a"; se ti riferivi a quello, si trattava di un comunissimo errore di battitura. Non uso il correttore ortografico perchè l'editor del blog non ce l'ha, da oggi in poi li scriverò su Word e farò un bel copia-incolla onde evitare altre situazioni simili. Sciascia e Calvino li ho letti, ti garantisco che ho letto molto più di quanto ti immagini, ma i toni giornalistici sono molto diversi da quelli della narrativa. Altra cosa: chi è che decide quando un post è troppo lungo o troppo corto? E quale altro mezzo di comunicazione potrei usare? Se intendi raccomandarmi a qualche redazione fa' pure, sinceramente questo mi sembra il modo meno costoso e più semplice per farmi conoscere. Per quanto riguarda il gruppo, no, non mi sembra un'ingenuità. Chi la pensava come me sulla vicenda umana di Eluana e di suo padre potrebbe condividere anche altre mie posizioni, oppure potrebbe non essere d'accordo affatto ma potrebbe avere piacere di leggermi comunque. Manderò un'altra mail di scuse, in modo che chi si è sentito disturbato dalla mia "invasione" e non l'ha segnalato le abbia comunque.
RispondiEliminaBuona serata
Larga è la foglia, ma stretta è la via, dite la vostra che ho detto la mia ... magari non dice niente a nessuno, però vorrebbe significare che il mare dei pensieri possibili di ciascuno di noi è molto vasto e che cercare di comunicare il proprio pensiero a un altro significa servirsi della via stretta, costituita da quello che scriviamo, e entrare nel vasto mare dei pensieri possibili di un altro rischiando, perciò, di venire travisati facilmente (nel 99% dei casi?)
RispondiEliminaCiò nonostante secondo me vale sempre la pena di scrivere e di tentare. E qundi avanti, dai!