domenica 1 dicembre 2013

TOO YOUNG TO DIE. FAREWELL TO THE FAST AND FURIOUS STAR, PAUL WALKER

Sometimes, twists of fate are really bitter.

Paul Walker was only 40 and died the same way his most famous character, Brian O'Conner, could have died: he was killed yesterday in a car crash in Santa Clarita, L.A. County. The driver, Roger Rodas, was his financial counselor and a friend of his. They were on their way home, after an event held by Reach Out Worldwide, a charity organization with first responder skill-sets, aimed to accelerate relief efforts when natural disasters strike. It had been founded by Walker himself in 2010, with Rodas' help. 

Walker had never been married and is survived by his only daughter, Meadow Rain, born in 1998. 

The actor had a purple belt in Brazilian Jiu Jitsu, he loved surfing and sports in general. He was famous not only for his movies, among which there are Timeline, Running Scared and the worldwide appreciated Fast and Furious media franchise, but also for his career as a model. 
Paul was born and raised in California and he was the perfect male archetype for the Golden State in collective imagination. Blond hair, deep blue eyes, chiseled features and a statuesque body turned him into a sex symbol since the early 2000s. His better known commercial is the Davidoff Cool Water perfume's campaign

After hearing the news of Walker's untimely departure, studios, colleagues and friends released a series of statements, expressing their grief. Universal Pictures declared: “All of us at Universal are heartbroken. Paul was truly one of the most beloved and respected members of our studio family for 14 years, and this loss is devastating to us, to everyone involved with the FAST AND FURIOUS films, and to countless fans. We send our deepest and most sincere condolences to Paul’s family”.

Vin Diesel, friend and movie partner, is extremely grief-stricken. 


We are really sorry ourselves, and we hope that Reach Out Worldwide will keep its action in the countries that need it in Paul's memory. 



(You can find the Italian version of this piece here)

lunedì 21 ottobre 2013

LETTERA A GIORGIO AIRAUDO

Gentile On. Airaudo,

le scrivo a seguito del nostro scambio di questa mattina su Twitter, lieta che abbia accettato di confrontarsi, al contrario di chi pensa che i social network possano essere un mezzo di comunicazione univoco come la tv e non sprecano il proprio tempo rispondendo a questo e quello.  
Mi presento, in breve: sono Francesca, ho 29 anni e lavoro da quando ho finito le superiori. Mi sono laureata e “masterizzata” lavorando tutto il giorno, e ho fatto mille mestieri diversi – alcuni dei quali considerati “privilegiati”, come quelli in banca e in assicurazione – e sono ancora oggi un tempo determinato. Vorrei raccontarle, da precaria quale sono, qual è la percezione che molti giovani nella mia situazione hanno oggi del sindacato. Non si tratta ovviamente di un attacco alla sua persona, bensì di una serie di impressioni maturate in dieci anni di lavoro. Ovviamente ho conosciuto anche sindacalisti profondamente impegnati, calati nel ruolo e spesso in difficoltà nello spiegare ai lavoratori le decisioni prese dal proprio sindacato. Erano i delegati a me più vicini, che conoscevano il disagio quotidiano e sapevano cosa non andava. Erano quelli senza alcun potere nel sindacato, quelli che ascoltavano ogni giorno tutte le rimostranze possibili e se ne facevano portavoce. Al tempo stesso, ho avuto modo di trovarmi davanti anche altro.

Ho visto sindacalisti sparire dall’ufficio per giornate intere in permesso sindacale per andare a fare gli affari propri.

Ho visto sindacalisti sponsorizzare con successo notori fagnani (lei è piemontese e capirà) per far ottenere loro promozioni ed avanzamenti di carriera.

Ho visto sindacalisti fare carriera a loro volta, quando un tempo chi si spendeva nel sindacato sapeva che non avrebbe avuto vita facile.

Ho visto sindacalisti sbracciarsi in difesa degli abbonati alla mutua e per quelli che facevano bollare il cartellino dai colleghi.

Ho visto sindacalisti che all’inizio dei contratti venivano a suggerire “Non iscriverti al sindacato, potrebbe metterti in cattiva luce agli occhi della Compagnia”.

Ho visto sindacalisti plaudere a piani di riorganizzazione aziendale ignoti al resto del mondo, di quelli che “non sappiamo che fine faremo”,  dicendo ai colleghi “State tranquilli, siamo in buone mani”.

Ho visto e sentito sindacalisti, nella fattispecie un delegato di rilievo nazionale di CGIL assicurativi, rispondermi “Lo sapevi quando sei stata assunta che il tuo contratto era a tempo determinato, quindi adesso di che ti lamenti?” Ovviamente su Torino non c’è stato nessuna trasformazione a tempo indeterminato.

Ho visto i sindacati impegnarsi per rendere impossibile licenziare fannulloni conclamati e in malafede nel settore pubblico.

Ho visto i sindacati opporsi all’impiego di stagisti desiderosi di imparare nelle redazioni dei giornali perché “prima devono trovare collocazione gli iscritti all’ordine ad oggi disoccupati”.

Ho visto i sindacati battersi contro la detassazione degli straordinari in un anno in cui ne avevo fatti moltissimi e non riuscivo a crederci.

Vedo i sindacalisti cancellare il concetto di meritocrazia quotidianamente, insieme ai governi che si sono succeduti, ai partiti e al complesso delle pubbliche istituzioni di questo paese, abbassando sempre di più l’asticella a scapito di chi vorrebbe provare a crescere mettendoci prima d’ogni cosa sudore e impegno. Sembra che si vogliano garantire le stesse condizioni all’arrivo e non in partenza, e questo è sbagliato da talmente tanti punti di vista che nessuno sano di mente potrebbe comprendere come sia possibile, consciamente o meno, mirare ad un simile obiettivo.

Vedo i sindacati cercare di garantire soprattutto i già ampiamente garantiti. Posto che ormai il tempo indeterminato è una chimera, possiamo almeno cercare di azzerare i tempi tra un contratto e l'altro, in modo che flessibilità per noi non voglia dire solo "piegarsi" nell'accezione peggiore del termine?

Vedo i sindacati incassare centinaia di milioni di euro all’anno in tessere, non so dove vanno a finire tutti quei soldi e non posso fare a meno di chiedermelo.

Non vedo sindacalisti opporsi alle nuove schiavitù, per esempio alle “collaborazioni” da 15 ore al giorno non pagate negli studi di fior di professionisti, non li vedo più fare uno sciopero che abbia senso – tre ore oggi con la CGIL, quattro ore venerdì con UIL, mezza giornata giovedì i COBAS, tutto per non ottenere un tubo – nemmeno per le cose davvero importanti, non li vedo fare proposte di legge per abolire un’ingiustizia come i costi scandalosi per l’unificazione dei contributi, e questi sono solo alcuni esempi. In compenso vedo una decadenza senza pari, li vedo fare la fila per entrare in Parlamento, come se quello fosse l’approdo naturale di un sindacalista di carriera che ha dimenticato cosa fanno colletti bianchi e blu, preferendo il ben più morbido e confortevole cashmere rosso.

Come avrà capito, mi mancano solo le navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione e poi avrò visto davvero di tutto.

Sono di Sinistra e vedere tutto questo mi provoca un dolore enorme. Sono tra quei giovani che vogliono andarsene, Onorevole, perché rebus sic stantibus, con degli amici del genere, sindacati, partiti, governi, noi giovani non abbiamo bisogno di nemici.  

Mi creda: questo davvero non è un attacco alla Sua persona, tengo a ripeterlo. Sono certa della sua buona fede e della sua volontà di cambiare le cose secondo quelli che sono i suoi ideali e le sue prospettive. Ho solo deciso di smettere di lamentarmi e di provare a dire cosa non va. Non costa nulla, e se lo facessimo in tanti forse potrebbe cambiare tutto.

Un saluto

Francesca Papasergi

 

LA GENTILEZZA DEGLI ESTRANEI (E ALTRE COSE CHE HO IMPARATO IN AMERICA)

Questa è l'ultima notte in America, almeno per questo giro. È venerdì ma ho deciso che il pezzo andrà on line di lunedì, quando tutti sono incasinati, leggono di fretta e si lamentano del fatto che è lunedì, il maledetto primo giorno dopo il week end. Così facendo forse pochi capiranno quello che questo viaggio è stato per me, ma forse è davvero questo quello che voglio, continuare a mimetizzarmi mentre cerco di realizzarmi, lasciar pensare che ho sorvolato l'Atlantico solo per mangiare hot dog dai carretti e tirarmela sulla 5th Avenue. 
Non è così ovviamente. Ho un obiettivo, sto cercando di concretizzarlo qui visto che nel mio paese, allo stato attuale, sembra impossibile, e non mollerò finché non ci avrò provato fino in fondo. 
In queste tre settimane ho imparato alcune cose, e desidero condividerle perché credo che siano parte di quello che ci serve per rimettere in moto il nostro malandato paese. Sono cose che non hanno a che fare con chi governa, non dobbiamo aspettare il giorno del voto per poter fare qualcosa, non fanno guadagnare denaro ma non ne tolgono. 
Dipendono solo ed esclusivamente da noi.
1) Smettere di lamentarsi sempre per qualunque cosa. Dal tempo al lavoro, dal traffico alla pasta scotta, gli italiani hanno il vizio a lamentarsi di tutto senza mai alzare un dito per cambiare lo status quo quando è possibile. La lagna continua non solo non intacca una situzione negativa, ma peggiora pure l'umore. La frase "sii il cambiamento che vuoi vedere" è una verità incontrovertibile, che ci piaccia o meno. 
2) Stamparsi un sorriso sulle labbra prima di uscire di casa. Per chi soffre di emicrania come me esiste il corollario quando sarà passata l'emicrania, stamparsi un sorriso sulla labbra prima di uscire di casa. Non dovete ridere come cretini, solo non avere l'aria di chi va al patibolo mentre va in ufficio, in negozio o in fabbrica. Guardatevi intorno sull'autobus, al mattino. Sbirciate nelle auto altrui. Sembra di stare in un film sugli zombie. Abbiamo tutti dei problemi, più o meno gravi, di diversa natura. Sorridere non li farà sparire ma almeno vi aiuterà a non essere apparire come la personificazione dei vostri casini. Me lo ha insegnato una signora malata di cancro. "Quando me ne andavo in giro con la faccia depressa avevano iniziato a identificarmi con il tumore. Ecco Allison, quella col cancro. Io ho un tumore, non sono un tumore. Non sono ancora morta, santo cielo. E se poi vinco io? Sorridi ragazza, ne vale la pena". Grazie, Allison. 
3) Il futuro è pieno di opportunità è la prima frase che ho letto appena atterrata in America. Era la pubblicità di una banca ma, come mi è stato fatto notare, la pubblicità dice molto  sull'immaginario e sui valori del popolo al quale parla. Le nostre si sperticano nel celebrare solidità inesistenti e tradizioni ormai andate a male. Non riusciamo più a guardare al futuro. Ho sempre avuto sogni e progetti da vendere, ma io stessa mi ritrovo spesso a sentirmi vecchia perché ho già quasi ventinove anni. Nell'udire questa considerazione il professor Tim Harper mi ha fatto un sorrisone e mi ha detto "Come on Francesca, you are only twenty-nine years old!" Andiamo a prendere le opportunità che ci vengono offerte e scoviamo quelle a cui vogliamo offrirci. Anche se sono lontane da casa. Anche se costano molti sacrifici. Nessuno dice che sia facile, ma è assolutamente necessario. 
4) Smettere di accettare passivamente le vessazioni potrebbe tranquillamente essere il corollario al punto 1. Non ci sono più manifestazioni in Italia. Non si scende più in piazza, qualunque cosa accada. Molti problemi sono comuni ma non vengono più socializzati. Morale: le persone sembrano preferire un approccio individuale ma sono i grandi numeri a mettere in moto i cambiamenti. Gli aggregatori di un tempo, partiti e sindacati, non solo hanno fallito ma rappresentano i problemi stessi, il movimentismo langue (il Movimento 5 Stelle è ormai un partito, mi spiace per chi pensa il contrario). Un esempio? La sales tax negli USA varia da stato a stato ed è compresa tra l'1% e il 10%. Quando ho detto al commesso dell'Apple Store a quanto ammonta la nostra IVA sullo stesso prodotto che lui mi stava vendendo si è fatto scappare un "Seriously? Twenty-two percent? Can the guys over there sell anything different from bread? In the US, there would be riots everyday". Avete sentito volare una mosca in proposito, da noi? L'IVA è aumentata di due punti percentuali in due anni e noi muti. Immobili. E fosse solo l'IVA mi consolerei.
5) Non sottovalutare l'importanza della gentilezza verso gli estranei (e quella da parte loro). Non si tratta di fare regali o di dire sempre di sì. Sono piccole gentilezze, complimenti, azioni banali ormai cadute in disuso: qui vanno alla grandissima e hanno un potere enorme sull'umore. Dal "Ciao, come va oggi?" rituale quando entri in un negozio - dove è difficilissimo che qualcuno non ti dica "Buongiorno" - all'incoraggiamento per il nuovo lavoro in ascensore se si nota una faccia nuova, si cerca di passare energia positiva. Non vuol dire che a New York non ci sono i maleducati, gli egoisti o gli stronzi: quelli sono internazionali e sin troppo numerosi ovunque. Questo è solo un modo diverso di fare capolino nella vita di un altro per renderla migliore, goccia a goccia.
Forse in Italia queste regole non mi serviranno, ma qui a New York, per me, hanno fatto la differenza. E spero possano farla anche a casa mia.
Goodbye, New York. I'll be back as soon as possible.

lunedì 7 ottobre 2013

IT'S (NOT) ALWAYS SUNNY IN PHILADELPHIA

"We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these there are Life, Liberty and the pursuit of Happiness". 
Questa frase, la pietra miliare del sogno americano, è contenuta all'interno della Dichiarazione d'Indipendenza, scritta da Thomas Jefferson e ratificata a Philadelphia nel 1776. Non potrebbe esserci posto più diverso da New York. La differenza è palpabile: Philly, come la chiamano i suoi abitanti, è una bella città, ricca di monumenti, ma non ha nemmeno la metà della luce di New York. E credetemi, non parlo di qualcosa che si può risolvere con una bolletta dell'energia elettrica più salata. 
Volevo visitare questa città per mettermi sulle tracce di chi il sogno americano l'ha creato, ma grazie allo shutdown del governo è stato molto più semplice incontrare chi quel sogno l'ha inseguito e realizzato partendo dal nostro paese. 
La pasticceria della famiglia Varallo è a South Philly dal 1973. Entrando, hai la sensazione di essere teletrasportato nel Sud degli anni '60: l'arredamento, la musica di sottofondo, tutto grida Italia a gran voce. "Mio padre è di Montella, il paese delle castagne. Mia madre è di Paternopoli, in provincia di Avellino. Sono arrivati a Philadelphia quarant'anni fa. All'inizio è stata dura. Non parlavano la lingua e soprattutto mia madre ci ha messo parecchio ad ambientarsi. Paternopoli è davvero un paese piccolo, per lei era tutto nuovo, era spaventata. Poi hanno aperto la pasticceria e lavora oggi, lavora domani, oggi possono permettersi di tornare in Italia tre volte l'anno. Hanno lavorato tanto, i miei. Tutte le volte che tornano dall'Italia dopo un viaggio mi dicono che gli manca il sole. Qui piove spesso. L'ultima volta mi hanno detto che sentiranno sempre la mancanza di casa, ma che non tornerebbero mai e poi mai indietro. Io non ci vado da un po'. È così brutta la situazione?" 

City Coffee, la tavola calda in cui mi fermo a pranzare nella piazza retrostante l'enorme palazzo comunale di Philadelphia, appartiene a Cosimo. Sento il suo accento inconfondibile e mi presento. 
Pugliese, in America da 21 anni, Cosimo mi chiede immediatamente "Come va a casa?" 
Non so da dove cominciare e cerco di glissare, ma è curioso. Provo a descrivergli gli ultimi 10 mesi di politica italiana e mi ferma. "Questa è una delle ragioni per le quali sono partito 21 anni fa. Non riusciamo mai a metterci d'accordo su niente, ognuno pensa agli affari suoi e tutto va male. Qui ho trovato lavoro in fretta. Non ti regalano niente: agli americani non piacciono quelli che non lavorano, ma se dimostri che vuoi fare e ti impegni ti accolgono come un figlio. È un paese costruito dagli immigrati, e se rispetti la legge e ti comporti bene difficilmente hai problemi. Oggi possiedo questo bar e ho appena aperto un ristorante a South Philly. Se passi di lì, ti accorgerai di quanto è grande la comunità italiana: sono tutti di seconda o terza generazione. I turisti di solito non ci vanno: fatti riconoscere, faranno a botte per offrirti la cena". 

È il destino di noi italiani o solo una contingenza che dura da più di un secolo?

domenica 6 ottobre 2013

AUTUMN IN NEW YORK #3

Chi passa la notte nei ricoveri per senzatetto, in stazione o rannicchiato in un vecchio cartone sul marciapiede non ama farsi fotografare, e rubare uno scatto da lontano sarebbe scorretto, per questo non troverete foto in questo post. Molti però accettano di fare due chiacchiere e raccontare come sono finiti a vivere la propria vita un quarto di dollaro alla volta. I loro trascorsi sono spesso sfortunati: nella maggior parte dei casi sono segnati dalle più diverse dipendenze, alcool, droga, gioco. Spesso si tratta di persone che hanno perso tutto insieme al lavoro, a volte di ragazzi che a NY non hanno trovato la fortuna che speravano e vogliono tornare a casa. Alcuni altri hanno scelto di vivere così.
Anna Maria, per esempio, ha 72 anni ed è arrivata qui dall'Italia quando ne aveva 39, senza istruzione e senza aspirazioni che andassero oltre il trovare un lavoro in fretta. Ha lavorato in una lavanderia fino ad agosto dello scorso anno, mese in cui si è rotta un piede. "La guarigione è stata molto lenta e quando sono tornata avevano trovato un rimpiazzo più giovane. Non mi volevano più. Sono sola qui, non ho nessun parente, i mariti delle mie amiche non mi vogliono in casa. I risparmi sono finiti in fretta, l'assegno mensile non basta per pagare l'affitto e la strada mi sembrava la soluzione migliore. L'inverno che sta per arrivare sarà il mio primo da senzatetto per me. Non so cosa fare". 
Jason ha 23 anni, ma ne dimostra a malapena 15. Ha ancora l'acne ed è magro da far spavento, ma è allegro. L'essere giovane lo aiuta ad avere comunque fiducia nelle sue possibilità. Espone un cartello: MI MANCANO SOLO 3 DOLLARI PER ANDARE A CASA! Gliene do cinque, lui scatta in piedi e mi abbraccia. Gli chiedo dov'è casa, per lui. "Nel glorioso stato dell'Indiana, sweetie. Stavolta non mi è andata bene a New York. Il proprietario dell'appartamento che avevo trovato su Craiglist mi ha fregato 2.500 verdoni, peccato che non ci fosse nessun appartamento. Però giuro che torno, è solo questione di tempo". Insiste per lasciarmi il suo numero di cellulare e l'indirizzo di casa: "Se decidi di fare un salto nell'Indiana, fatti sentire. Non faccio mica il barbone da quelle parti. Ti porto a mangiare un hamburger fantastico". 
Kenny ha 53 anni, è un afroamericano altissimo, così massiccio da dare l'idea di poter facilmente abbattere un grattacielo a mani nude, ma i suoi denti sono a pezzi e la sua pelle è in condizioni pietose. È un fumatore di crack. "Io sono di qui, sai? Sono nato e cresciuto a Yonkers, io. Mica come questi tassisti pakistani o indiani. Io non avevo bisogno di guardare la cartina, quando guidavo il mio taxi". E perché non fai più il tassista, gli chiedo. "Mi hanno beccato a guidare completamente strafatto. Niente lavoro, niente casa, niente di niente. Questa città sa essere veramente una stronza, ma se stai pensando di venire a vivere qui, e vuoi lavorare... È ancora il posto migliore in America". 

(CONTINUA)

lunedì 30 settembre 2013

AUTUMN IN NEW YORK #2

Il Reverendo Husson è a capo della principale parrocchia episcopale di Manhattan, St. James' Church, tra la 71th e Madison Avenue. Brenda Husson è una signora minuta, dimostra circa cinquantacinque anni e ha un sorriso rassicurante. Il Reverendo Husson non è suo marito, suo padre, suo figlio o suo fratello. Lei è il Reverendo Husson. 
Sono entrata nella sua chiesa perché ho l'abitudine di visitare tutte quelle davanti a cui passo: in Italia è come avere decine di musei sempre a portata di mano. St. James non è antica come quelle a cui sono abituata, ma il messaggio sulla facciata non è necessariamente religioso, quindi ho deciso di entrare. La messa era quasi terminata, e dopo pochi minuti il Reverendo Husson - che deve avere un occhio incredibile - è venuta a salutarmi, dandomi il benvenuto nella comunità e mettendosi a disposizione. Per cosa? Presentarmi delle persone, aiutarmi a farmi degli amici nella zona. È parte dei miei compiti, mi dice, nessuno deve essere lasciato solo
Penso che tornerò a trovarla. 

Il 9/11 Memorial ha una funzione molto simile. La celebrazione del ricordo, il supporto a chi ha perso qualcuno quel giorno, ingigantito dalla partecipazione di visitatori da tutto il mondo, forse portano un po' di conforto. Ground Zero mi ha commossa, molto. Comunque la si pensi sugli americani, esistono pochi altri popoli con altrettanto spirito patriottico, in grado di ricostruire senza dimenticare, di progettare il domani anche se oggi è stata una pessima giornata. Noi italiani, di solito, dimentichiamo senza ricostruire. Nel Belice, in Irpinia, all'Aquila, ovunque servisse qualcosa più di una pacca sulla spalla e qualche milione a fondo perduto non abbiamo saputo nemmeno immaginarlo, il futuro. Non ci riusciamo nell'ordinaria amministrazione, figuriamoci se potremmo farcela nell'emergenza. Non credo sia solo una questione politica: certamente non abbiamo una classe dirigente illuminata, ma è anche a causa di una forma mentis arrendevole, disfattista e benaltrista ampiamente diffusa che il nostro paese non esce dal pantano in cui si trova. Chi prova a emergere e combatte viene risucchiato a forza nel gorgo. Se così non fosse, della suddetta classe dirigente non avremmo più nemmeno l'ombra. 
E invece...  


martedì 27 agosto 2013

TAKE ACTION!

http://www.globalcitizen.org/Content/Content.aspx?id=50559824-a588-4d7f-a0a8-6c4fc98f20e1&rby=12cbd1e9-f5ef-4dd1-93a4-d8d859ec7aa4

giovedì 14 marzo 2013

NOBODY EXPECTS THE MEXICAN STANDOFF

The elections's aftermath is better when it's brief, especially if we're talking about Italy. 
If voters clearly express their will, roles are usually quite defined, ready to be 'interpreted'. The last elections created a very unstable political overview, and in these days Italy shows a massive uncertanty that seems to reflect the spectrum of the country's society. 
Disappointed (and disappointing) lefties, Berlusconi's supporters and roaring Five Stars representatives demonstrate they really don't know what to do. 
Maybe Monty Python would change their famous catchphrase for this country. In fact, even if some journalists and political analysts tried to explain how Five Stars Movement had grown in three months, other parties acted as if their competitor wasn't able to put them in danger.
Nobody expects the Mexican standoff, then, but this time it was predictable, in spite of pollsters and electoral gurus.

In a certain way, Five Stars Movement's rapid rise reminds of Forza Italia in 1994. The way in which they embody the concept of "new", their devotion and faith in their leaders, the projection of every negativity on their competitors: 5SM and Forza Italia have a lot to share. 

Someone could argue that Beppe Grillo and his grillini needed almost five years to become the first Italian party, while it took just a few months for Forza Italia. Let's make it easier, then: Berlusconi had his own multimedia corporation on his side, Grillo has just a blog and a good PR. Berlusconi's holding company - a juggernaut in which we find banks, publishing, constructions and many other activities - has been involved in every electoral campaign since 1994. Every branch has its work to do, depending on the expertise field it covers, officially or informally.
Grillo has Gianroberto Casaleggio and his communication enterprise, but nothing compares Berlusconi's huge financial resources. What's the secret of Five Stars Movement, then? 
It's not just Internet and the power of World Wide Web: that would be reductive and wouldn't clear this electoral boom among people who don't use Internet to form their political identity. Neither it is the daily commitment of activists, who spend their spare time campaigning and finance their activities by themselves. It's not only the personal appeal of Beppe Grillo, a populist leader with a very violent language. It's not even about the things he posts everyday on his blog: some small parties made the same proposals a lot times, and many of them never reached the Parliament. 
The 5SM feat is a mixture of everything I mentioned, but most of all it's a collector of discontent. In Italy we use to say that "it speaks to bellies, not to the brains". 5SM's program is so transverse that every "old parties" ex supporter can find something he/she recognize him/herself in it: the 5SM voter identikit is a pollster's worst nightmare. 
Here come the complications. When you're an opponent, you can say you're going to realize every point of you "to do list". You don't have to keep your promises, simply because you can't, you're not in charge of anything: if and when your time will come, those promises will be forgotten, and the permanent campaign's climate of opinion is goig to help with this.
What happens when you have to govern and bind all these different political ideals together? What's up when the problematic, young amateur must find a harmony durable enough to guarantee stability for fundamental reforms? 
Politicians in Italy don't come to a decision: they stick in a ruthless Mexican standoff, a threesome in which everybody thinks he's winning, while the country is losing incessantly. 



P.S.: I know, I know. The new Pope. Tomorrow, I need some time to understand who he is and what he wants to pursue. If I was asked what I think about Francis I in a few words, I would answer he's the result of another Mexican standoff. 

martedì 12 marzo 2013

PRO ELIGENDO ROMANO PONTEFICE

In the next few days, new Pope's name will be the core business of every journalist in the world. Joseph Ratziger's resignation was shocking but not unexpected, or so they say, and these moments will decide the future of Sancta Romana Ecclesia.  
We have to remember that the Vatican City is an elective monarchy, like the ancient Holy Roman Empire.
Nobody understands the importance of the election of a Pope better than an Italian citizen. Given the medieval approach of our Parliament to primary, unsolved civil instances, along with the continous interferences in Italian affairs by Roman Church, I am quite sure that the identity of Christ's vicar on Earth can determine the address of fundamental Italian policies on euthanasia, abortion and some branches of scientific research, not to mention taxes and welfare reforms.
We all know what Catholic Church desperately needs: an innovator. He will be in charge of great commitments: bringing people back to churches, reaffirming universal, essential values that belong to entire humanity, no matter what religion people follow, and destroying the seed of obscurantism in his own institution. The lack of honesty within pedophilia issues, financial and economic scaldals and the distances between Roman prelates and common people are just some fields in which he must play from the very first moment of his office. 
I know my opinion is irrelevant, but I support the election of Sean Patrick O'Malley, Archbishop of Boston. He faced the pedophilia aftermath in his diocese but, most of all, he's a Franciscan. And God knows how we need another imitator Christi in these cruel, merciless times.

martedì 26 febbraio 2013

DO YOU HAVE THE TIME TO LISTEN TO ME WHINE?


It's no mystery: I voted for Matteo Renzi at the Democratic Party Primary Elections. Twice. 
I didn't share his program 100%, but I think he was the opportunity of change for the party I support since I can vote. 
I didn't think - and I still don't- of Pierluigi Bersani as a leader. I respect him, he's a good person and he was an appreciable minister, but he's not as charismatic as it takes during an electoral campaign. 
What would President Sandro Pertini say if he was here to hear the expression "Let's make the jaguar unspotted"? 
What about Enrico Berlinguer? He's still the lefties' greatest charismatic leader ever, and sincerely I can't say if he would smile or if he would have another stroke because of the rage for this stupid slogan. 
You can't use the words of a small village priest if you want to lead a country like Italy. You can't stop campaigning the day after the end of the Primary elections you won. You can't dodge new ideas and let them fall apart because "ours are better". 
Which ideas, Secretary? Please, try to get out of the boundaries of the party, walk the streets we walk everyday and you'll notice that voters never heard them, because you have never even mentioned them. "We have the solutions". Oh, really? 
I want to thank you and Nichi for this unexpected débâcle (we did not win, I hope you know it and I'd really like you to admit it), and not just because Berlusconi is back. My foreign friends will keep mocking on me or looking at me with sympathetic eyes, but I got used to it. 
I want to thank you because you destroyed every hope I had for Italy, eventually. 
I have no more hopes and will to change it. Keep it for yourselves and for that little man who means nothing and decides everything, the one you don't want to die because you'd be lost without him. I'm not going to vote for the Democratic Party until you'll leave and I'll do everything I can, more than I did 'till now, to leave Italy. 
If I can't change my country's life, I want to change mine, and I'm going to. 




(Today I'm just a disappointed voter. The political analyst is on her way and will be here in a few days, when she'll figure out where this strange country is going.)

sabato 23 febbraio 2013

IT'S POLITICS, BABY

This is a comment about Italian electoral programs for 2013 Elections by Alessio Icardi and me :)

I'll try to translate it as soon as possible :)

http://www.politicalcommunicationmonitor.eu/contenuto/programmi-elettorali-2013-europa-debito-pubblico-famiglia-giustizia-ambiente-cosa-differen

domenica 27 gennaio 2013

PIU' POP DI COSI': LA POLITICA DEI FANDOM

Quanto gli italiani siano stanchi della loro classe politica è nell'aria da tempo.
Chi sarebbero disposti a votare al posto loro a volte è discutibile, ma certamente divertente. 
Alla vigilia del dibattito televisivo a cinque, chi si occupa di comunicazione per il Partito Democratico sembrava aver intuito i benefici che un messaggio virale poteva portare alle elezioni primarie. La foto degli improbabili Fantastici 5 aveva scatenato commenti e freddure, ma aveva colpito nel segno: aveva solleticato la curiosità anche di chi, normalmente, non si sarebbe interessato alle primarie del PD. Sulla scia della candidatura di Bruno Tabacci-Silver Surfer alla stessa competizione elettorale, erano nati i Marxisti per Tabacci, una deliziosa contraddizione in termini che ha regalato al candidato centrista una popolarità e una connotazione ironica in cui forse neppure sperava.
I Marxisti per Tabacci hanno fatto scuola. Siamo la Gente il Potere ci temonoFeudalesimo e LibertàCashmere e Martello: sono solo alcuni dei partiti finti creati ad arte per ridere di quelli veri, e rappresentano la punta dell'iceberg di una satira politica diversa, ugualmente pungente, concentrata sui social network ma sempre più spesso oggetto di riferimenti anche offline (ricordate il ringraziamento di Bersani ai Marxisti per Tabacci subito dopo la vittoria delle primarie?).
C'è invece chi ha raccolto la prima provocazione e ha puntato sulla diffusione virale basata sull'attaccamento alle serie tv americane. L'apporto che le comunità di fan di telefilm stanno dando, con senso dell'umorismo e capacità critica, è interessante quanto i partiti dal nome pittoresco.
La capacità di produrre contenuti in piena autonomia, la sensibilità politica e la commistione con la cultura pop e le subculture nate sulla scia del successo di alcuni telefilm si fondono, regalandoci un termometro elettorale particolare. 
I new media ci permettono di evidenziare ed analizzare l'aspetto politico delle culture partecipative, e da questo culture jamming emerge un quadro nuovo sulle culture convergenti in Italia. Parallelamente alla discussione politica "seria" regna sovrano il desiderio di sdrammatizzare e di portare la politica nella propria dimensione, invece di permettere il contrario: grazie ai social network e alle competenze tecniche si rende fruibile e, perché no, ridicola una parte della vita pubblica che purtroppo delude. 
Chiunque abbia dimestichezza con le serie tv americane non può evitare di sorridere, ma il dato rilevante è un altro: a modo loro, questi manifesti danno un'idea di quali siano le priorità del paese secondo i fan-elettori, privilegiando idee e princìpi rispetto al colore politico, palesemente ignorato. 


Se avete un problema e nessun altro può aiutarvi, se riuscirete a trovarli sulla vostra scheda sovraffollata, forse potrete votare l'A-Team! 
Vorreste un piano di sviluppo degno di questo nome? Chi meglio di loro può garantire un piano ben riuscito? Maestri dell'inganno e del travestimento, non si tirano indietro quando bisogna menare le mani, ma lo fanno solo a fin di bene. Hanno un codice etico molto più rigido di quello di molti partiti, e non metteranno mai in lista un pregiudicato: Hannibal, Sberla, B.A. e Murdock si candidano al governo del paese. 

Volete dei tagli fatti a modo, e non quelli lineari dei ministri di ieri ed oggi?
Affidatevi a Dexter Morgan, professione tecnico della scientifica specializzato nell'analisi delle tracce ematiche. Nel tempo libero, il nostro Dexter è un serial killer dallo spiccato senso etico, amante di tagli e dissanguamenti di ben altro tipo. 
Dissimulatore nato, cinico, privo di sensi di colpa, Dexter è un antieroe sociopatico dall'aspetto comune, nel quale è sin troppo facile identificarsi a causa della particolarità delle sue vittime: si tratta di criminali sfuggiti alle maglie della giustizia. 


Il bellissimo Neal Caffrey, esperto di truffe, falsificazioni, furti d'opere d'arte e frodi passato dall'altra parte della barricata, si propone un unico obiettivo: privare i parlamentari dei loro esosi stipendi. Il programma non sembra molto articolato, ma Neal rischia di avere più successo del previsto. 
Come faranno le signore a non cedere alla tentazione di votare un personaggio tanto irresistibile?


Michael Knight vuole dare un taglio secco ai privilegi della politica ed eliminare le auto blu
Meglio sostituirle con vetture parlanti, più intelligenti del conducente, sempre e comunque schierate dalla parte del bene. 



Jessica Fletcher è una donna di cultura. Insegnante in pensione, scrittrice di gialli, simpatica, altruista e dal profondo senso di giustizia, ha una dote innata di cui non sembra capacitarsi: ovunque lei vada, si verifica un omicidio. Il successo della sua lista sembra scontato: solo lei può dimezzare il numero dei parlamentari senza fatica nel giro di qualche puntata. 


Avete a cuore la piaga della malasanità?
Vorreste rimediare ai disastri combinati da chi è passato prima di voi?
Lasciatevi curare da Derek Shepherd. Il Dottor Stranamore di Grey's Anatomy è un grande neurochirurgo e non esita ad eseguire operazioni pro bono su persone poco abbienti. 
Di opinione diversa il Dottor Christian Troy di Nip/Tuck: la politica ha bisogno di facce nuove, e lui ha le competenze per accontentare le richieste degli italiani.


Non ne potete più di dilettanti che vi prosciugano le tasche come un vampiro farebbe col vostro sangue? 
Ne avete le scatole piene di tutte queste tasse? Votate per Damon Salvatore, affascinante vampiro che interverrà sul cuneo fiscale e abbasserà le tasse per le famiglie, soprattutto per quelle complicate come la sua.



Sheldon Cooper rappresenta una scelta di campo: privilegiare alcune parti del territorio e una categoria ben precisa: i nerd, componente fondamentale della Lega Nerd. 
Parola d'ordine del movimento: BAZINGA!




Gli isolani di Lost vogliono permettere agli italiani all'estero di votare. 
Avete un amico in Erasmus arrabbiato perché la procedura per il voto all'estero è macchinosa e assurda? Un vostro cugino dal Canada si lamenta delle assurdità della burocrazia italiana? 
Date il vostro voto a Locke e compagni. 
Sarà un bellissimo esperimento democratico. 

Al termine di questa breve carrellata non poteva che esserci lui: Chuck Norris, il primo personaggio pubblico dopo Gesù Cristo a cui sono riconosciute gesta mirabolanti perché... perché lui è Chuck Norris. Punto. 
Visto che lui è colui che è, non sale in politica. 
Chuck non scende in campo. Solleva la terra. 
E voi lo voterete, vero? Immaginavo. ;)


Un ringraziamento particolare va alla pagina Telefilm Mania e agli autori dei manifesti elettorali: qui potrete trovare la carrellata completa e i nomi di chi li ha creati.