I leghisti cercano di accaparrarsi il Corpo degli Alpini con l'ennesima becerata, ma questa volta hanno superato loro stessi.
In breve, gli Alpini devono essere del Nord.
Le truppe di montagna per eccellenza non possono provenire da Catanzaro, da Lecce, da Napoli, da Reggio Calabria.
E' noto: se i ragazzi del Sud vanno troppo in alto gli si ossigena poco il cervello. Si sentono male.
I milanesi, i veneti, i trentini, i piemontesi, i friulani, loro sì che hanno diritto alla famosa penna nera.
I sani e robusti figli della Padania possono fare molto meglio dei Terroni.
Non c'è molto da dire: la proposta di legge prevedeva agevolazioni fiscali e lavorative (queste dopo il congedo) per gli Alpini che trasferiscono la residenza nella città in cui sono di stanza.
E gli Alpini del Sud che non vanno a rifare la carta d'identità a Vipiteno? S'attaccano.
Ragazzi che hanno servito insieme, corso gli stessi rischi, si sono salvati la vita a vicenda, potrebbero avere opportunità diverse non solo per gli squilibri socio-economici del paese ma anche per una legge odiosa che per fortuna pare scongiurata o, almeno, rinviata.
"Il posto fisso nell’esercito si è consolidato come un ammortizzatore sociale nel meridione generando meccanismi discriminatori e rendendo sempre più difficile l’accesso ai giovani provenienti dal resto d’Italia".
Il Corriere della Sera cita questa battuta dell'On. Davide Caparini, Lega Nord, partito di governo.
Mi chiedo perchè i giornalista non abbia ribattuto.
Forse doveva solo raccogliere informazioni, ma un giornalista dovrebbe soprattutto fare domande, possibilmente scomode.
Avrebbe potuto chiedere a Caparini, per esempio, cosa sta facendo la Lega per evitare che i ragazzi meridionali siano costretti ad arruolarsi per trovare un lavoro; quali meriti hanno condotto all'Osservatorio sulle Fiere Lombarde Renzo Bossi e non un ragazzo, nordico o sudista, laureato, che non trova lavoro e si infila una divisa per disperazione; avrebbe dovuto citare il numero di Alpini, morti in giro per il mondo in nome di una patria in cui i leghisti, secessionisti per definizione, non credono.
Ho conosciuto molti Alpini, tutti un po' in là negli anni, e quello che mi ha colpito maggiormente di loro è stato il loro spirito di corpo, forse il più forte in assoluto nel nostro panorama militare. Sono sempre in prima linea: che si debba organizzare una festa di paese o spalare fango dopo un alluvione, gli Alpini ci sono, sorridenti, rispettosi, disponibili, instancabili, oserei dire eterni.
"Madamin, non esistono ex Alpini. Ci sono Alpini vivi ed Alpini morti", mi ha spiegato Beppe, Alpino torinese classe 1938, volontario durante l'Ostensione della Sindone; lo si sostiene anche per i Marines americani, ma detto da un vecchietto allegro fa un certo effetto.
Lo ricordo così legato al Corpo degli Alpini, così un tutt'uno col suo cappello da far venire in mente quella canzone tradizionale che inizia proprio parlando del copricapo, della penna nera di cui vanno tanto orgogliosi.
Ecco, forse, quale domanda avrebbe dovuto fare il giornalista del Corriere.
Onorevole Caparini, lo sapeva che il primo modello di cappello indossato dagli Alpini è detto cappello alla calabrese?
Chissà se avrebbe risposto o se sarebbe scappato a nascondersi in cima ad una montagna.
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