Gentile On. Airaudo,
le scrivo a seguito del nostro scambio di questa mattina su Twitter, lieta che abbia accettato di confrontarsi, al contrario di chi pensa che i social network possano essere un mezzo di comunicazione univoco come la tv e non sprecano il proprio tempo rispondendo a questo e quello.
Mi presento, in breve: sono Francesca, ho 29 anni e lavoro da quando ho finito le superiori. Mi sono laureata e “masterizzata” lavorando tutto il giorno, e ho fatto mille mestieri diversi – alcuni dei quali considerati “privilegiati”, come quelli in banca e in assicurazione – e sono ancora oggi un tempo determinato. Vorrei raccontarle, da precaria quale sono, qual è la percezione che molti giovani nella mia situazione hanno oggi del sindacato. Non si tratta ovviamente di un attacco alla sua persona, bensì di una serie di impressioni maturate in dieci anni di lavoro. Ovviamente ho conosciuto anche sindacalisti profondamente impegnati, calati nel ruolo e spesso in difficoltà nello spiegare ai lavoratori le decisioni prese dal proprio sindacato. Erano i delegati a me più vicini, che conoscevano il disagio quotidiano e sapevano cosa non andava. Erano quelli senza alcun potere nel sindacato, quelli che ascoltavano ogni giorno tutte le rimostranze possibili e se ne facevano portavoce. Al tempo stesso, ho avuto modo di trovarmi davanti anche altro.
Ho visto sindacalisti sparire dall’ufficio per giornate intere in permesso sindacale per andare a fare gli affari propri.
Ho visto sindacalisti sponsorizzare con successo notori fagnani (lei è piemontese e capirà) per far ottenere loro promozioni ed avanzamenti di carriera.
Ho visto sindacalisti fare carriera a loro volta, quando un tempo chi si spendeva nel sindacato sapeva che non avrebbe avuto vita facile.
Ho visto sindacalisti sbracciarsi in difesa degli abbonati alla mutua e per quelli che facevano bollare il cartellino dai colleghi.
Ho visto sindacalisti che all’inizio dei contratti venivano a suggerire “Non iscriverti al sindacato, potrebbe metterti in cattiva luce agli occhi della Compagnia”.
Ho visto sindacalisti plaudere a piani di riorganizzazione aziendale ignoti al resto del mondo, di quelli che “non sappiamo che fine faremo”, dicendo ai colleghi “State tranquilli, siamo in buone mani”.
Ho visto e sentito sindacalisti, nella fattispecie un delegato di rilievo nazionale di CGIL assicurativi, rispondermi “Lo sapevi quando sei stata assunta che il tuo contratto era a tempo determinato, quindi adesso di che ti lamenti?” Ovviamente su Torino non c’è stato nessuna trasformazione a tempo indeterminato.
Ho visto i sindacati impegnarsi per rendere impossibile licenziare fannulloni conclamati e in malafede nel settore pubblico.
Ho visto i sindacati opporsi all’impiego di stagisti desiderosi di imparare nelle redazioni dei giornali perché “prima devono trovare collocazione gli iscritti all’ordine ad oggi disoccupati”.
Ho visto i sindacati battersi contro la detassazione degli straordinari in un anno in cui ne avevo fatti moltissimi e non riuscivo a crederci.
Vedo i sindacalisti cancellare il concetto di meritocrazia quotidianamente, insieme ai governi che si sono succeduti, ai partiti e al complesso delle pubbliche istituzioni di questo paese, abbassando sempre di più l’asticella a scapito di chi vorrebbe provare a crescere mettendoci prima d’ogni cosa sudore e impegno. Sembra che si vogliano garantire le stesse condizioni all’arrivo e non in partenza, e questo è sbagliato da talmente tanti punti di vista che nessuno sano di mente potrebbe comprendere come sia possibile, consciamente o meno, mirare ad un simile obiettivo.
Vedo i sindacati cercare di garantire soprattutto i già ampiamente garantiti. Posto che ormai il tempo indeterminato è una chimera, possiamo almeno cercare di azzerare i tempi tra un contratto e l'altro, in modo che flessibilità per noi non voglia dire solo "piegarsi" nell'accezione peggiore del termine?
Vedo i sindacati incassare centinaia di milioni di euro all’anno in tessere, non so dove vanno a finire tutti quei soldi e non posso fare a meno di chiedermelo.
Non vedo sindacalisti opporsi alle nuove schiavitù, per esempio alle “collaborazioni” da 15 ore al giorno non pagate negli studi di fior di professionisti, non li vedo più fare uno sciopero che abbia senso – tre ore oggi con la CGIL, quattro ore venerdì con UIL, mezza giornata giovedì i COBAS, tutto per non ottenere un tubo – nemmeno per le cose davvero importanti, non li vedo fare proposte di legge per abolire un’ingiustizia come i costi scandalosi per l’unificazione dei contributi, e questi sono solo alcuni esempi. In compenso vedo una decadenza senza pari, li vedo fare la fila per entrare in Parlamento, come se quello fosse l’approdo naturale di un sindacalista di carriera che ha dimenticato cosa fanno colletti bianchi e blu, preferendo il ben più morbido e confortevole cashmere rosso.
Come avrà capito, mi mancano solo le navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione e poi avrò visto davvero di tutto.
Sono di Sinistra e vedere tutto questo mi provoca un dolore enorme. Sono tra quei giovani che vogliono andarsene, Onorevole, perché rebus sic stantibus, con degli amici del genere, sindacati, partiti, governi, noi giovani non abbiamo bisogno di nemici.
Mi creda: questo davvero non è un attacco alla Sua persona, tengo a ripeterlo. Sono certa della sua buona fede e della sua volontà di cambiare le cose secondo quelli che sono i suoi ideali e le sue prospettive. Ho solo deciso di smettere di lamentarmi e di provare a dire cosa non va. Non costa nulla, e se lo facessimo in tanti forse potrebbe cambiare tutto.
Un saluto
Francesca Papasergi