Un lodo da non lodare, questo Lodo Alfano.
Anzitutto perché non è un lodo. Ritengo infatti importante sottolineare con forza, così come è stato fatto lunedì sera all'Infedele, che le parole dovrebbero essere utilizzate nel modo giusto, e non svuotate del loro significato e fruite secondo il proprio comodo.
L'Accademia della Crusca riporta numerose definizioni di questo termine da altrettanti dizionari, e nessuna corrisponde a ciò che è in realtà il cavallo di battaglia del Ministro della Giustizia, cioè una proposta di legge che se approvata diverrebbe una legge ordinaria dello stato.
Sandro Bondi questa sera a Ballarò annaspava, dichiarando che in molti altri paesi esiste una norma simile. Stefano Rodotà, da fine giurista con esperienza internazionale qual è, gli ha fatto notare che non è proprio così e che, soprattutto, l'immunità in quei casi è riservata in via esclusiva al Presidente della Repubblica.
Questo lodo, appunto, del lodo non ha proprio nulla. Non c'è l'arbitrato, non c'è la mediazione, non c'è il compromesso. C'è l'intrallazzo, il favoreggiamento, la copertura, l'inganno, il soverchiamento dei diritti altrui, ma non c'è alcun lodo. C'è il regalo, il favore, l'omaggio definitivo, la legge ad personam principe che i berluscones vogliono tributare al loro leader incontrastato per metterlo definitivamente al sicuro dalla giustizia.
In questo progetto di legge, già approvato dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato, si prevede che il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio, eventualmente parti in un processo, godano di una moratoria del processo stesso, pure in via retroattiva, cioè anche se questo è iniziato prima che fosse assunta la carica, e anche se riguarda affari che esulano dall'esercizio delle funzioni istituzionali.
Un aborto costituzionale, un totale insulto all'articolo 3 della nostra Carta Fondamentale, ma non solo. Oggi si è consumato un altro scandalo, a mio avviso, a cui nessun telegiornale ha dato enfasi.
Dopo averci illustrato metro quadro per metro quadro la casa di Montecarlo, nessuno ha alluso al voltafaccia dei finiani in materia di giustizia e legalità. Gianfranco Fini e i suoi oggi hanno rinnegato tutti i buoni propositi dichiarati durante il patetico divorzio all'italiana che va avanti da un anno e sembrano aver ceduto al diktat berlusconiano: se volete conservare il posto dopo le elezioni, piegatevi (semmai avete raddrizzato la schiena).
Futuro e Libertà delude tutti tranne Berlusconi, e chiarisce il valore chiave nella strategia dei finiani, quello della poltrona. Anche a costo di svendere anche l'ultimo barlume di dignità.
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